Non molto tempo fa' un mio
compagno delle elementari, dei tempi in cui Koblet e Kübler facevano faville,
mi chiese: “Se vieni eletto in Consiglio Comunale ti interesserai dei problemi
luganesi?” Sorpreso gli feci notare, con suo grande conforto, di come nelle mie
precedenti legislature abbia cercato, seppur nel limite delle mie competenze, ma
con tutte le mie risorse di essere utile alla comunità.
Un’altra volta una signora, che
mi conosce bene, mi domandò: “Ma tu, dopo 25 anni di oblio politico, ci credi
veramente a ciò che prometti?” Le raccontai di un episodio di questa avventura
politica: all'Epifania avevo già la lista pronta; insomma, la “Non 5 ma 500”
era varata. Volli comunicarlo a mio figlio Massimiliano, responsabile del
Quotidiano. La sua reazione fu perentoria e papale sentenziò la proposta come
anticiclica e antistorica. Rimasi allibito e in silenzio chiusi la
conversazione. Premetto che voglio bene a mio figlio e sono orgoglioso della
sua cultura politica e organizzativa. Ma poi, nei giorni successivi, pensai che
in fondo il voto alle donne fu concesso solo nel 1970 quando già negli anni 50
Evita Peron imperversava in Argentina e veniva adorata da milioni di persone, e
da dieci anni la signora Bandaranaike
era primo ministro di Ceylon, oggi Sri Lanka. Per non parlare della nostra
preziosissima AVS, che, dopo diversi insuccessi, solo grazie al decisionismo
del consigliere Federale W. Stampfli venne approvata dal popolo nell'estate del
1947. E così mi convinsi che la mia “Non 5 ma 500” era legittima e che poteva
dare qualche speranza a coloro che non credevano alle aggregazioni e che ora vorrebbero
ritornare indietro, alle condizioni che la mia proposta prevede.
Adesso si avvicina l'ora della
verità per il mio movimento.
Mi permetto di fare un appello
agli elettori, specie a coloro che nelle varie fasi delle aggregazioni luganesi
hanno votato contro: se volete un giorno, non domani sia chiaro, ritornare al
passato votate la lista numero 10.
Più sarà la consistenza del
movimento, più le speranze di riuscire ad entrare nel legislativo luganese e
mantenere in vita la “Non 5 ma 500” per realizzare con calma e pazienza quanto
proposto.
Vogliate perdonarmi se oso
chiedervi questo gesto di speranza che mi auguro venga recepito da molti, in
barba a coloro che non capiscono l'amore per la storia di ogni comune che ha
perso la sua identità.
(Articolo apparso sul Corriere del Ticino di giovedì 24 marzo 2016)